Gli stili gotici del cristianesimo

 


Niente come le grandi cattedrali gotiche rammenta la fenomenale storia dell’Europa cristiana, due secoli di preminenza dello stile “svettante” e saturo di luce, affascinante, capace di generare un sentimento di sconvolgente meraviglia. Ecco una brevissima storia del gotico, ultima fiammata del medioevo

Il Duecento ed il Trecento sono stati i secoli del “Gotico”, una fase storica, artistica ed architettonica che sul declinare del XIV secolo, intorno al 1380 circa, ha coinciso con uno stile “internazionale” unitario, il cosiddetto “Gotico Internazionale” meglio conosciuto come “Gotico Cortese”.

Naturalmente, affermare l’esistenza di uno stile gotico unitario, se per certi versi è un’evidenza, può bene essere una forzatura: così come avvenuto per il “Romanico”, lo stile gotico mantiene caratteri originali e distintivi nelle declinazioni avvenute in diverse aree d’Europa.

Nella scia di questo ragionamento, si può individuare uno stile gotico in architettura che segue l’impostazione originaria della regione dell’Ile-de-France, un’area territoriale circostante la città di Parigi, ispirato alla ristrutturazione della chiesa abbaziale di Saint Denis ed in particolare del suo deambulatorio, costituito da campate ogivali e circondato da cappelle radiali caratterizzate da grandi finestre, realizzata già nel 1144 e poi proseguita con il coro nel 1151, fino alla navata centrale, di epoca più tarda, formata da campate rettangolari e pervasa dalla luce diffusa attraverso le ampie vetrate ricavate sopra la tribuna.

L’impianto basilicale a pianta rettangolare absidata rimane tale e prosegue il suo percorso storico. Ci si trova quindi a registrare la tendenza allo “svettare” del romanico, se così si può sintetizzare. Significa lasciare che prenda corpo lo sviluppo della tecnica strutturale degli edifici, dopo un lungo periodo di sperimentazione.

L’edificio gotico rimane, come nel caso di quello romanico, una struttura imponente, colossale, nella quale tuttavia lo slancio verso l’alto segna una modalità innovativa di rappresentazione dell’anelito religioso schiarito dalla logica della filosofia scolastica – che peraltro proprio nella Francia e nell’area di Parigi prende corpo -  e contemporaneamente stabilisce in un rigoroso rapporto di causa ed effetto sia i caratteri della “summa” teologica – come impianto logico della fede - che le complesse interazioni intercorrenti negli elementi costitutivi del nuovo stile.

Se nel mondo transalpino le navate s’innalzano ad altezze vertiginose, utilizzando necessariamente l’arco a sesto acuto; se le facciate esterne si animano di torri e guglie, di elementi traforati, logge bifore e trifore che si moltiplicano innestandosi in una vertigine ascensionale sostenuta da archi rampanti in sostituzione degli antichi e strutturalmente eccessivi contrafforti romanici; ebbene, nella penisola italica dominata dallo sviluppo della città e del potere cittadino interclassista, invece, lo stile gotico si afferma fondendosi con la monumentalità di origine romana, senza rinnegare di questa la modalità pausata nell’armonizzare componenti verticali e orizzontali, mantenendo l’arco a tutto sesto come valore sia strutturale che estetico e facendolo convivere con il suo omologo a sesto acuto.

Così, la tendenza francese di un gotico “fiammeggiante” contagia l’Europa settentrionale fino all’Inghilterra, declinando ad oriente verso la Borgogna e le Fiandre, fino alle regioni germaniche e slave. Gli esempi primari rimangono in Francia con Notre Dame e la sua caratteristica facciata – senza dimenticare gli archi rampanti in sequenza che ordiscono la trama delle pareti laterali e dell’abside – e poi a Saint Etienne a Bourges, ancora più imponente con la sua facciata di 40 metri.


Al contrario - con l’eccezione di Milano e del suo celeberrimo Duomo che per ragioni storico-culturali e d’influenza territoriale guarda al nord Europa - le componenti identitarie che caratterizzano le diverse aree regionali italiane e iberiche stemperano queste influenze filtrandole attraverso le loro ascendenze culturali.

Allora, mentre in Inghilterra con l’abbazia di Westminster o la cattedrale di Exter e nei territori germanici del XIII secolo come Strasburgo con la cattedrale e Colonia con il duomo, si raggiunge un estremo di complessità estetico-strutturale, sia nelle facciate che nelle articolatissime nervature delle volte interne che superano il tradizionale concetto della crociera per lasciare campo al prolungarsi infinito delle colonne polilobate, in Italia, per esempio con Benedetto Antelami ed il suo Battistero a Parma, si afferma la fondatezza di un gotico che tende al classicismo e riarticola e rilegge il romanico e lo anima di arditezze composite ma più facilmente decifrabili.

Antelami aveva studiato profondamente l’architettura romanica padana ma aveva avuto contatti con la Provenza e probabilmente conosceva anche le nuove tendenze in corso in Francia, nell’Ile-de-France. Il suo ottagono, a Parma (la simbologia dell’otto richiama la teologia agostiniana del regno dei cieli) è quindi una realizzazione precoce del Gotico alle latitudini italiche, con quell’alternanza di pieni e di vuoti dei loggiati che si sviluppano in altezza, alternativi ai profondi strombi del piano terreno. Per non citare gli archetti ciechi della fascia superiore e dei pinnacoli che concludono con un ulteriore slancio la verticalità, il ritmo, la complessità cadenzata dell’insieme. Non meno riconoscibile come gotico, ma altrettanto riecheggiante forme romaniche, risulta essere l’interno, con l’ampia cupola segnata da nervature costolonate attestate su capitelli di colonne a parasta.


Il testo architettonico è reso più semplice, caratterizzato dall’uso intenso della luce in armonioso riflesso di pieni e di vuoti e dallo sviluppo verticale, come nella basilica di Sant’Andrea a Vercelli. Tuttavia, è uno stile forse maggiormente riferibile agli epigoni della riforma cistercense di quanto non lo fosse stata la Francia rispetto alla tradizione borgognona, da cui la regola benedettina in campo architettonico trae origine.

Questo è un fattore importante, a mio giudizio, nella storia del gotico.

Dall’ordine benedettino riformato in contrapposizione al sistema di Cluny, consegue una forma di architettura, anch’essa gotica, assai diversa da quella che ne ha ispirato lo stile più facilmente distinguibile: le abbazie cistercensi che si moltiplicano in Europa nel corso del XII secolo (sulla penisola italica saranno 88 sulle circa 700 che si diffondono dall’Irlanda al Portogallo, dalla Polonia alla Grecia alla Norvegia), rispecchiano una formulazione del testo architettonico molto rigida, facendo risultare l’edifico di culto espressione di morigerata severità, di una visione di essenzialità delle forme volutamente private di bizzarrie e di arditezze stilistiche, spogliate di decorazioni e di fregi.

Due i modelli: l’abbazia di Fontigny voluta espressamente da San Bernardo, il vero ispiratore del movimento cistercense, e soprattutto l’abbazia di Pontigny che risale al 1153, con le sue caratteristiche volte a crociera costolonate. 

In Italia si possono citare Fossanova nel Lazio e Chiaravalle a Milano, come esempi di organizzazione rigorosamente geometrica del complesso abbaziale, in scia con le norme dell’architettura borgognona d’origine che peraltro prediligeva l’uso di materiali poveri, semplici ed a basso costo: si utilizzano quindi le pietre della cave vicine o i mattoni (Chiaravalle in questo senso è caratteristica), senza l’inserimento di marmi pregiati.


Dunque, qui si vede l’origine di un’architettura che si staglia nella cultura gotica, indicandone i fondamenti nella diffusione dell’arco acuto e delle grandi finestrature per il passaggio della luce, ma priva di una complessità che ne diverrà il portato stilistico evolutivo.

L’abbazia cistercense è realizzata a partire da un modulo quadrato replicato e moltiplicato, nel quale la curva è abolita, la regola è quella della linea dritta sia nell’abside che nel transetto della basilica, oltre che in tutti gli altri ambienti adiacenti del chiostro, dei dormitori, dello scriptorium.

Questa condizione di partenza, a mio parere, unita alla già richiamata tradizione identitaria del mondo antico e tardo antico, favorisce nelle regioni d’Italia lo sviluppo di uno stile gotico diverso da quello transalpino e dell’Europa settentrionale: ancora un esempio è la basilica Superiore e la sostruzione di quella Inferiore ad Assisi, dedicata a San Francesco. 

Ma anche la Basilica di Sant’Antonio a Padova, che coniuga il gotico con la tradizione romanica della facciata a capanna e l’influenza bizantina di Venezia con le caratteristiche cupole. Oppure l’ordito complesso ma lineare della facciata del duomo di Orvieto.


L’Italia è tuttavia composita e multiculturale: con un volo pindarico scendo anche nel Meridione d’Italia, dove l’influenza degli Svevi e prima ancora dei Normanni, connota la multistilistica e ricca architettura locale. Tra le moltissime citazioni possibili, ne propongo una, quella della fortezza di Castel del Monte, ottagono con chiostro centrale, circondato ai vertici da replicanti torri ottagone. Un monolite che si staglia non solo come monito del potere imperiale ma che caratterizza di elementi gotici (la simbologia dell’ottagono, la saldezza geometrica della regola cistercense) l’architettura civile.

In questo contesto, l’edificio gotico non è solo quello di culto: sono i palazzi del potere civile, i palazzi del popolo e delle magistrature cittadine dei comuni dell’Italia centro-settentrionale, a divenire essi stessi simbolo di un gotico che da Firenze ad Orvieto, da Urbino a Siena, s’innesta nel tessuto urbano ed allarga il concetto della monade fortificata che fin lì era stata rappresentata dalle torri cittadine delle famiglie più influenti, espressione di un potere signorile conteso quanto diffuso.

A testimonianza di quanto l’architettura sia segno dello spirito, sia arte creativa e non solo tecnica e razionalità progettuale. E, alla fine, storia che affascina e tormenta allo stesso tempo. 

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