Topolino e il Mistero degli etruschi
Si riflette mai sul valore che ebbe la riscoperta delle tecnologie antiche durante il 'Rinascimento'? Lorenzo Ghiberti e Donatello furono debitori della fusione a 'cera persa' per la lavorazione artistica delle loro opere in bronzo, tecnica venuta meno nel corso del lungo Medioevo. Si tratta di un solo esempio. Ma quanta antichissima sapienza rimane sepolta negli anfratti del tempo? Segreti dei quali conserviamo solo le vestigia nei musei di mezzo mondo. La ceramica appartiene a questo mondo muto e affascinante. Ancora di più se lo sguardo è rivolto agli Etruschi, etnia che seppe farsi civiltà molto progredita, tuttora avvolta nel mistero della storia. Eppure, un uomo semplice nel modo d'intendere la vita, un artista singolare, guidato dalla passione per l'argilla e per i buoni sentimenti, come in un cartoon di Disney, è riuscito ad avverare una sorta di miracolo del caso, portando in luce il segreto della produzione del 'bucchero' etrusco. Una scoperta formidabile che solo a causa dell'insipienza malevola del nostro 'strano' Paese, è rimasta fin qui sostanzialmente ignorata.
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A volte mi succede d'inciampare in storie che possiedono un'anima nascosta e incredibile a rivelarsi.
Per caso.
Forse chiamato da un destino che mi resterà per sempre ignoto.
Una di queste storie riguarda Claudio Casalanguida.
Strani e affascinanti questi "Casalanguida", indubbiamente dotati di genio artistico non comune.
Claudio, fratello della più nota Maria, dotatissima artista contemporanea, è senza dubbio un personaggio che presenta delle singolarità: una candida ingenuità e uno spirito d'avventura che mi hanno colpito immediatamente.
Non riuscivo a definirlo a me stesso fino a quando non mi sono imbattuto nel ricordo dei fumetti di Topolino: storie esemplari di quel personaggio esemplare che non conosce la malizia e agisce sempre a fin di bene, mai anteponendo un pur legittimo interesse personale perché sommamente animato da un desiderio esclusivo di verità.
Ecco, benevolmente, e anche con una sincera ammirazione e istintivo affetto, per me Claudio Casalanguida è come "Topolino", eroe di grandi e piccini capace, con intrepida volontà e infinita passione, di addentrarsi nel mistero più fitto tra i mille misteri della storia e dell'arte: gli Etruschi e la loro produzione ceramica.
Il "bucchero" etrusco è, infatti, un modello di ceramica fine, leggera, resistente e di colore nero lucido, che venne forgiata tra il VII e il V secolo avanti Cristo nell'area centrale della penisola italica.
Si è sempre pensato che fosse un particolare quanto misterioso procedimento di cottura "riducente" o "in riduzione" - nella quale, per una particolare conformazione del forno, l'ossigeno è assente - a conferire queste caratteristiche.
Tuttavia, è una teoria dal valore parziale e che si presta a essere smentita facilmente: dovrebbe valere per qualsiasi tipo di argilla, mentre invece non è così.
Occorre un'argilla dotata di determinate caratteristiche, una creta che si trova in profondità e che, probabilmente, era originariamente presente nei luoghi di raccolta in quegli anni remotissimi, finita sepolta sotto ripetute stratificazioni del tempo.
Ma è lo stesso Claudio Casalanguida a raccontare dell'avventura che lo ha condotto oltre quel tempo, a raccogliere una voce rimasta nel silenzio del passato.
Lo fa a modo suo, con quel linguaggio dallo stile semplice e diretto, testimone dell'assenza di ricercatezza o di autoelogio.
Per questa ragione, riporto le parole con le quali lui stesso descrive l'accaduto:
«Un giorno del 1990 mi trovavo a raccogliere la creta su una collina e quando ho iniziato ad estrarla dal sottosuolo, in profondità, ho notato, tra i diversi colori, un tipo di argilla di color nero misto a pezzi di legno fossilizzato, contenenti calcopirite, un minerale brillante simile all’oro.Questi pezzi di legno nel loro interno risultavano neri e splendenti come liquirizia: onestamente non so che tipo di albero fosse.Però, ho compreso che si trattava di qualcosa di origine lacustre o fluviale contenente molte lumache, gamberetti, telline di fiume, fossili sepolti milioni di anni fa da un improvviso cataclisma o eruzione vulcanica.Ho raccolto diversi quintali e li ho portati nel mio laboratorio e ho iniziato a preparare oggetti con le diverse argille raccolte in quel luogo.La parte del tronco è la più interessante, poiché è molto nera: il tronco è stato trasformato in argilla, quindi un legno da impastare come creta e usare magnificamente per sculture o vari oggetti, logicamente dopo averla setacciata e purificata.In seguito ho preparato dei medaglioni con le varie argille, infornate a 900° come si usa di solito. All'apertura del forno non c'erano novità, ma per puro caso mi è caduto in terra un medaglione, si è spezzato e qui la sorpresa è stata a dir poco fulminante: all'interno era nero e all’esterno rosso e ho subito pensato di aver scoperto l'argilla del bucchero, esternamente rosso poiché l'ossigeno colorisce le superfici in cottura e quindi con la cottura in riduzione il coccio diviene completamente nero.Ma attenzione: questa riduzione serve unicamente per l'esterno e non per l'interno del coccio.Inoltre, in superficie si formerà una condensa, causata dalla perfetta chiusura dei pori del coccio, che si trasformerà in una patina argentata di carbonio o grafene e condurrà elettricità.Per ottenere questo, però, è necessario superare 1000 e più gradi di cottura.»
Ecco, nelle sue parole, che suonano genuine, l'avvenimento casuale che lo ha condotto, meglio e più intensamente di un qualunque studioso, nel cuore produttivo della civiltà etrusca, a diretto contatto con una tradizione e una cultura da leggenda.
Solo una sua impressione?
Tutt'altro.
Sia l'ENEA che il CNR avrebbero riconosciuto la validità della sua intuizione: lui stesso fa riferimento a questa documentazione, citando anche un convegno organizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche durante il quale si sarebbe rilevata la fondatezza dell'assunto e la veridicità del racconto.
D'altra parte, i manufatti che ha realizzato dimostrano il contenuto inoppugnabile della scoperta.
In alcuni video, molto ingenui e per questo ancora più apprezzabili, Claudio Casalanguida dimostra la resistenza al calore del ritrovato "bucchero", ma anche la capacità di conduzione elettrica, e la sorprendente qualità "metallica" del suono.
Insomma, qual'è il punto?
Voglio proprio farlo rilevare: chi altri se non un uomo che nel cuore è il "Topolino" di Disney, tanto caro a milioni di lettori, si sarebbe preoccupato di rendere nota questa scoperta?
Un altro, al suo posto, con un pizzico di malizia, la tipica e detestabile furbizia italica, non avrebbe detto e scritto nulla, non si sarebbe rivolto all'ENEA o al CNR, non si sarebbe rivolto alle massime figure istituzionali del Paese.
La cosa che avrebbe fatto un "furbo" sarebbe stata questa: produrre in grande quantità manufatti in "bucchero" e dopo averli sepolti per invecchiarli artificialmente, li avrebbe proposti sul ricco mercato clandestino nazionale e internazionale di opere antiche.
Gente da "Banda Bassotti".
Inutile nascondersi dietro un dito.
E' storia vecchia.
Persino il sublime Michelangelo fu, a sua insaputa, coinvolto in una celebre vicenda, risalente al 1496, che lo vide ignaro protagonista assieme al "truffato" e potente collezionista dell'epoca, il cardinale Raffaele Riario, al quale venne gabellata per opera antica un "cupido dormiente" che era stato invece realizzato dal geniale artista.
Perché stupirsi?
Invece, nel nostro caso, il destino ha voluto che fosse un uomo onesto e di sentimenti profondamente limpidi a compiere una scoperta così straordinaria.
E un'attenzione seria e straordinaria merita proprio lui, Claudio Casalanguida.
Che non merita di rimanere isolato: merita di essere interpellato e coinvolto.
Anche perché solo lui può guidare sui luoghi della scoperta e mostrare come si realizzi materialmente un manufatto di tradizione etrusca ventisette secoli dopo.
Archeologi ed esperti della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, fatevi avanti!
Sono necessarie ulteriori, sistematiche indagini scientifiche, per comprendere quali caratteristiche nasconda la manifattura etrusca e per quali usi potesse risultare utile.
O potrebbe risultare utile anche oggi.
Sono indagini foriere di una valenza assai significativa per attivare quei processi induttivi e deduttivi tipici di un'archeologia appassionata e competente.
Ma non basta.
Non è affatto peregrino riflettere sull'opportunità che il segreto del "bucchero", tornato alla luce dopo 2700 anni, possa essere valutato dall'UNESCO per essere incluso nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Immateriale.
L'Italia può già vantare "l'Arte dei Pizzaiuoli Napoletani" e il "Saper fare il Liutaio a Cremona", "L'Opera dei Pupi Siciliani" e "Le Feste delle Grandi Macchine a Spalla".
Non solo.
Il nostro Paese è incluso nella lista che riguarda anche alcuni beni tutelati di natura transnazionale: "La Dieta Mediterranea" e "l'Arte dei Muretti a Secco".
Appare di chiara evidenza che un'eventuale "Arte della ceramica etrusca" starebbe benissimo nel novero dei 508 elementi della Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale Mondiale.
Certo, non si tratta di un percorso semplice e nemmeno breve.
In ogni caso è necessario il coinvolgimento di alcuni esperti e soprattutto della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO oltre che del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
In questa prospettiva si comprende ancor meglio l'importanza di programmare studi specifici e svolgere relativi approfondimenti in laboratori specializzati.
Ne è consapevole anche lui, Claudio Casalanguida alias "Topolino" al quale lascio ancora una volta la parola:
«... Penso di aver descritto ogni particolare... Iniziate a cercare l' argilla e poi solo dopo la cottura rompete i cocci e quando comparirà all'interno il nero sarete sulla strada giusta.Può anche darsi che un giorno troverete presso i rivenditori di argille la creta per il bucchero con le istruzioni che vi ho descritto...Spesso penso a quel geniale etrusco che tremila anni fa ha scoperto il bucchero e che magari non sapeva che fosse un conduttore elettrico, che schermava le radiazioni e che scaricava energia statica, ma soprattutto resisteva agli acidi e curava le ustioni.Chissà che nome etrusco aveva, ma sicuramente lui e il suo popolo sono stati più seri di me, lasciando nel segreto tutto ciò che riguardasse il bucchero.Hanno lasciato un mistero che è durato sino ad oggi mentre io lo rendo pubblico.Dalle analisi che ho effettuato, gli elementi del coccio di mia produzione potrebbero contenere più o meno calcio e silicio ma questo non significa che il mio coccio non corrisponde all'antico poiché basta diluire una parte di argilla nera del tronco con quella intorno o vicino al tronco, priva di legno fossile, per aumentare silicio e altri elementi e diminuire il calcio nelle analisi.Con queste ricerche di laboratorio, i vari ricercatori potrebbero comprendere da quale regione provengono i vasi antichi.Penso che una piccola mescolanza di argilla fatta da ceramisti etruschi potrebbe sfalsare la provenienza del vaso.»
Cosa aggiungere di fronte a tanto candore?
Che il "Topolino" dei fumetti di Walt Disney esiste, in carne e ossa.
E argilla etrusca.