L'aforisma sulla nota
Come ogni artista, Franco Battiato non è scomparso: ha solo compiuto il suo ciclo. Lo avrebbe detto anche lui. Spiegandolo con semplicità, ricercando la parola più esatta per non aggiungere nulla di troppo. Cent'anni fa, nasceva un altro grande siciliano, Leonardo Sciascia. Non è necessario ricercare un filo conduttore: è, di fatto, nel desiderio di pensare. E di affidarsi alla riflessione, curiosa, sorniona e tagliente, di chi sappia vivere il destino alla maniera greca, retaggio indissolubile del passato.
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Molte parole saranno spese in questi giorni.
Forse, si tratta di parole necessarie, impellenti, insopprimibili.
Forse, si tratta di parole necessarie, impellenti, insopprimibili.
E' un'antropologia che si perde nella notte dei tempi, quando la morte divenne coscienza e il ricordo omaggio struggente all'ineluttabile.
Qui non si tratta di canzoni, di flatus vocis, di emozioni effimere.
Ero appena un adolescente quando scoprì i racconti cantati di Franco Battiato, artista inconsueto, tra coloro che con leggerezza sanno fare strame del conformismo, che ne attraversano le sbarre anguste, quelle fatte di banalità e di un "cazzeggio" insopportabile.
Ricordo bene quando accadde.
Un uomo anziano, un amico di famiglia, aveva una grande passione per la musica classica.
Lo trovavi, talvolta, nei pomeriggi estivi, sotto il fresco di un patio, ad ascoltare la "Carmen" di Bizet o il "Bolero" di Ravel, immerso nel suono di grandi cuffie da sala d'incisione.
Un giorno, insolitamente senza cuffie, con uno di quegli enormi "mangianastri" che si usavano una volta, lo sorpresi a deliziarsi, davvero conquistato, dai suoni di "La voce del padrone", uno dei primi album di grande successo di Battiato.
Ragazzino, in quell'età nella quale si tende a classificare il mondo per scelte nette, trovavo "irregolare" quest'attenzione di un austero e attempato cultore del genere classico.
Ma come poteva essere?
Eppure, alla mia domanda la risposta fu illuminante: «...Questo è un cantautore molto originale».
Non dimenticai più queste parole.
Da allora, quei suoni "originali" sono diventati parte della mia esistenza.
«Volano gli uccelli volano
Nello spazio tra le nuvole
Con le regole assegnate
A questa parte di universo
Al nostro sistema solare
Aprono le ali
Scendono in picchiata, atterrano
Meglio di aeroplani
Cambiano le prospettive al mondo
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
Traiettorie impercettibili
Codici di geometria esistenziale
Migrano gli uccelli emigrano
Con il cambio di stagione
Giochi di aperture alari
Che nascondono segreti
Di questo sistema solare
Aprono le ali
Scendono in picchiata, atterrano
Meglio di aeroplani
Cambiano le prospettive al mondo
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
Traiettorie impercettibili
Codici di geometrie esistenziali
Volano gli uccelli volano
Nello spazio tra le nuvole
Con le regole assegnate
A questa parte di universo
Al nostro sistema solare»
Senza eccessi, con leggerezza, con ironia, con fatalismo.
Una visione trasognata dell'esserci nel mondo.
Sempre vissuta con uno spirito lieto: in me, Franco Battiato, ha sempre suscitato sentimenti leggeri, oltre che profondi.
Il piacere di ascoltare quei suoni, fatti di canti, di strumenti e di parole, un insieme inscindibile, ha sancito per sempre la potenza del meditare, la relazione con il sé, la ricerca come sguardo attento, la disillusione come verità emergente.
E poi cos'altro?
Il rispetto profondo per il sentire religioso.
La tolleranza.
La scoperta dei sensi e dell'amore come tracce inscritte in un unico sentiero.
Quella di Battiato non è stata solo l'eco della giovinezza: è stata la voce di una coscienza in cammino.
Una condizione indissolubile dalla materia che decade, si consuma, tende a finire: ne è la compagna placida e sferzante, che ti porti accanto, sempre.
Non pesa, non disturba, non è mai importuna.
Non giudica, ma fa memoria.
Indica, ma non impone.
Accoglie, senza mai nascondersi.
Si lascia capire, nell'espressione fulminea, caustica, vera.
Si lascia attraversare, priva di materia, densa di significati.
E' paradossale ma non muta nel sofisma.
E' dolcezza emozionante.
E' invettiva limpida.
E' letteratura.
Grande letteratura, cantata.
E' narrazione poetica.
«...Che cosa possono le leggi
Dove regna soltanto il denaro?
La giustizia non è altro che una pubblica merce
Di cosa vivrebbero
Ciarlatani e truffatori
Se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente...
... La linea orizzontale
Ci spinge verso la materia,
Quella verticale verso lo spirito
Inneres auge, das innere auge
Con le palpebre chiuse
S'intravede un chiarore
Che con il tempo e ci vuole pazienza,
Si apre allo sguardo interiore...
...Ma quando ritorno in me,
Sulla mia via, a leggere e studiare,
Ascoltando i grandi del passato
Mi basta una sonata di Corelli,
Perché mi meravigli del creato!...».
Il suo "occhio interiore", ha saputo guardare nell'espressione mistica di matrice orientale, nella letteratura tedesca, nella tradizione mediterranea, dal medio oriente al nord africa, fino a toccare la cristologia francescana e attraversare le leggi della fisica e della chimica come metafore di una conoscenza più alta.
Ha piegato l'espressione colta al desiderio di lasciare una traccia: nessuno come lui ha saputo fare dell'aforisma il viaggiatore privilegiato della nota.
Franco Battiato, non ho dubbi, sarà studiato nei manuali di letteratura.
Come Sciascia.
Come lo "schopenhaueriano" Manlio Sgalambro, con il quale costituì un sodalizio intellettuale e artistico inconsueto.
Come tante figure della "Cultura Siciliana", crogiolo inesauribile di "mondi", bellissima e struggente, affascinante e tragica, seducente fin dentro l'anima, pungente come i profumi di quella terra, spietata e accecante come il suo sole, indimenticabile come un abbandono sensuale, sapida di intelligenza vivida e di domande irrisolte, acuta, come certi speroni che ne tagliano la costa.
Siamo debitori verso questa cultura.
E verso figure come Battiato e Sciascia, che hanno saputo incarnarla ed esprimerla con originalità.
E tantissimi altri ancora, da Pirandello a Verga, da Vittorini a Camilleri, da Consolo a Buttitta, da Quasimodo a Bufalino, da Brancati a Tomasi di Lampedusa, solo per citarne alcuni in un elenco smisurato che farebbe premio persino su Victor Hugo.
Come nel mito della caverna di Platone, queste figure hanno visto il "Sole".
Liberi dalle catene, sono tornati indietro a "liberare" chi abbia saputo ascoltarli.
Da ieri, riposa un uomo che ha saputo farsi anima.
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