Passeggiando per Roma
La città eterna, dopo il lungo buio trecentesco, si reincarna ancora una volta nel '400 e nel '500, secoli di floridezza e di fasti. Ma la Roma che conosciamo più da vicino, quella celebrata nelle pellicole di Cinecittà e di Hollywood, fa richiamo ai secoli del barocco e del neoclassico, la "caput mundi" che è più familiare, quella della Fontana di Trevi e degli "speroni" del Colosseo.
Le trasformazioni che Roma subisce nel corso dei secoli potrebbero essere scomposte in migliaia di frammenti, ognuno dei quali capace di assumere su di sé forme e anche concetti che appartengono a identità variegate, eppure accomunate in un profilo che è quello del ruolo di capitale di un impero e poi, dopo l’avvento dell’era cristiana, di centro spirituale e politico dell’Europa cristiana.
Tra i molti vulnus che la Roma dei Papi subisce nel corso dell’età tardo antica, del medioevo e poi lungo la storia degli ultimi mille anni, certamente uno dei più significativi si determina nel corso di tutto il XIV secolo, a causa della cattività avignonese e poi del Grande Scisma che si concluderà nel 1417.
Da allora, esattamente dal ritorno a Roma di un Papa stabilmente insediato sul trono di Pietro, Martino V, la città vive un intenso periodo di ricostruzione morale e materiale, artistica ed architettonica, solo parzialmente interrotta dal “Sacco” del 1527 e proseguita fino all'età fulgida del Seicento barocco di Pietro da Cortona, Bernini e Borromini, anni a partire dai quali la città comincia ad assumere l’aspetto di una metropoli.
Tra i molti vulnus che la Roma dei Papi subisce nel corso dell’età tardo antica, del medioevo e poi lungo la storia degli ultimi mille anni, certamente uno dei più significativi si determina nel corso di tutto il XIV secolo, a causa della cattività avignonese e poi del Grande Scisma che si concluderà nel 1417.
Da allora, esattamente dal ritorno a Roma di un Papa stabilmente insediato sul trono di Pietro, Martino V, la città vive un intenso periodo di ricostruzione morale e materiale, artistica ed architettonica, solo parzialmente interrotta dal “Sacco” del 1527 e proseguita fino all'età fulgida del Seicento barocco di Pietro da Cortona, Bernini e Borromini, anni a partire dai quali la città comincia ad assumere l’aspetto di una metropoli.
Dal Rinascimento all’800 non vi può essere dubbio che l’ingresso più suggestivo a Roma sia sempre stato quello che conduceva a Piazza del Popolo, uno spazio urbano che nel tardo ‘600 può già contare sui tre assi stradali del cosiddetto “Tridente Sistino” costituito dalla via principale, che è l’attuale Via del Corso, affiancata da Via del Babuino e Via di Ripetta, all’apice delle quali si attestano le due chiese gemelle di Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, la cui ristrutturazione venne completata da Bernini assieme a Carlo Fontana.
Ma è lungo l’asse centrale, Via del Corso, che cresce la città con i suoi palazzi medievali i quali, dai due o tre piani iniziali, vengono portati fino a cinque o sei.
Nuovi palazzi che tuttavia non nascono come frutto di demolizioni e di ricostruzioni, ma l’uno sull’altro, crescono non solo in verticale ma anche in orizzontale, con i relativi cambiamenti del prospetto influenzato dall’apertura di nuove finestre e balconi: in alcuni casi si notano le tracce d’origine grazie all’evidente disallineamento delle aperture sulle facciate, nuovamente intonacate per colmare le differenze.
La rifondazione urbana si basa sul recupero e l’accrescimento dell’esistente, con edifici come Palazzo Chigi che nasce anch’esso dalla fusione di casette povere, oppure con la creazione di nuovi edifici che s’impongono nel nucleo urbano ampliando il preesistente corpo di fabbrica come nel caso del Palazzo Doria-Pamphili a inizio Settecento.
A poca distanza da Via del Corso venne realizzata la Fontana di Trevi voluta da Clemente XII Corsini, un’opera che fa tesoro degli interventi realizzati nel nucleo urbano da Bernini con le sue fontane durante il secolo precedente.
A poca distanza da Via del Corso venne realizzata la Fontana di Trevi voluta da Clemente XII Corsini, un’opera che fa tesoro degli interventi realizzati nel nucleo urbano da Bernini con le sue fontane durante il secolo precedente.
E’ suggestivo pensare come in questa monumentale opera, la "natura" che già il Bernini aveva introdotto illusionisticamente nel tessuto urbano, si fosse ormai affacciata e stabilmente insediata nel territorio dell’architettura, in un momento storico che non a caso è quello della fondazione delle moderne scienze naturali, tra il ‘600 ed il ‘700.
Non distante dal sito della celebre fontana si raggiunge il monte del Quirinale, con l’edificio originariamente intonacato e dipinto in un colore azzurrino probabilmente ispirato dal colore del cielo della volta di Palazzo Barberini affrescata da Pietro da Cortona.
Un colore che lo accomunava al Palazzo della Consulta, voluto anch’esso da Papa Clemente XII: tuttavia, una colorazione che non era in linea con la tradizione romana del travertino e del mattone rossastro sbiadito, un colore aranciato che è rimasto invece caratteristico dell’immagine cromatica della città.
Ma è forse la scalinata di Trinità dei Monti (1721-1725) di Specchi e De Santis, un’opera del tardo Barocco romano, a rappresentare il modello della nuova città immaginata e realizzata fin dal Seicento: non si tratta solo di un corpo monumentale installato nel cuore della città, ma della realizzazione di una struttura a più livelli con la quale lo spazio urbano viene scenograficamente riorganizzato e convertito a nuovi usi, possibilità di fruizione, concreto coinvolgimento.
D’altra parte, è degli stessi anni il rifacimento di Piazza Sant'Ignazio che segna un altro ambito della città con i caratteri del Barocco – rimasto il linguaggio architettonico di Roma almeno fino alla metà del ‘700 – imprimendo attraverso gli edifici e gli spazi circostanti una tale qualità di movimento da far apparire l’intero contesto la scena di un dialogo antropomorfo.
A fine ‘700 la città cambia ancora parte del suo aspetto, proseguendo nell’opera di rinnovamento iniziata nel secolo precedente, ma in un quadro politico che non è più quello del potere dei Papi e delle grandi famiglie magnatizie che hanno fatto la storia della capitale.
Già nel 1798, i francesi sono a Roma e dal 1800 al 1814 governeranno la città imprimendole una decisa svolta in senso neoclassico – con un risveglio della mai sopita passione per l’archeologia, questa volta di stampo scientifico – e anche sul piano della logistica con l’introduzione delle sepolture in cimiteri urbani concepiti fuori porta, proibendo l’antica tradizione sepolcrale nelle chiese.
In questo solco nascerà il grande Cimitero del Verano la cui costruzione è avviata da Valadier fin dal 1804, poi completata nel più tardo 1880 da Vespignani.
Si assiste anche ad alcuni importanti interventi di restauro conservativo come quelli di Stern sul Colosseo nel 1806 – con lo sperone in laterizio e la tamponatura delle arcate lasciate deformate in scia delle influenze “romantiche” sulle modalità del restauro - e poi, sempre sul celebre monumento, di Valadier nel 1823, con un nuovo sperone in mattoni e inserimenti in travertino.
Sono anni, quelli che vanno dalla fine del ‘700 fino alla breccia di Porta Pia del 1870, durante i quali la popolazione quasi raddoppia arrivando a contare circa 226.000 abitanti.
E sono anche gli anni che vedranno l’arricchimento architettonico di Villa Borghese, dove le tendenze neoclassiche si articoleranno nel recupero di valori simbolici mutuati dalle rovine di Villa Adriana a Tivoli o sulle componenti “egizie” che fanno da eco alle vittorie di Napoleone.
L’800 registra ancora nuovi interventi su piazza del Popolo: protagonista è sempre con Valadier, che mutua l’idea dei due emicicli dalla Piazza S. Pietro di Bernini, intendendo anche in questo caso il concetto di “sistema decorativo” nel senso dell’accoglienza e dell’inclusione di matrice barocca.
Sono anni, quelli che vanno dalla fine del ‘700 fino alla breccia di Porta Pia del 1870, durante i quali la popolazione quasi raddoppia arrivando a contare circa 226.000 abitanti.
E sono anche gli anni che vedranno l’arricchimento architettonico di Villa Borghese, dove le tendenze neoclassiche si articoleranno nel recupero di valori simbolici mutuati dalle rovine di Villa Adriana a Tivoli o sulle componenti “egizie” che fanno da eco alle vittorie di Napoleone.
L’800 registra ancora nuovi interventi su piazza del Popolo: protagonista è sempre con Valadier, che mutua l’idea dei due emicicli dalla Piazza S. Pietro di Bernini, intendendo anche in questo caso il concetto di “sistema decorativo” nel senso dell’accoglienza e dell’inclusione di matrice barocca.
Ma è il secolo del recupero, dopo un rovinoso incendio, della Basilica di San Paolo Fuori le Mura che conteneva il preziosissimo ciborio realizzato nel basso medioevo da Arnolfo di Cambio.
E poi, della creazione, in Largo di Torre Argentina, nel 1837, dell’omonimo teatro.
Si tratta di avvenimenti che fanno da prologo agli interventi ancora più significativi che realizzerà Pio IX con la Stazione Termini ed il palazzo della "Manifattura dei Tabacchi" in piazza Mastai, ormai un edificio che riecheggia l'assorbito stile neoclassico, in un’epoca che segna la fine del potere temporale dei Papi mentre la moderna gestione dei traffici si sposta dal Tevere alla strada ferrata.
Si tratta di avvenimenti che fanno da prologo agli interventi ancora più significativi che realizzerà Pio IX con la Stazione Termini ed il palazzo della "Manifattura dei Tabacchi" in piazza Mastai, ormai un edificio che riecheggia l'assorbito stile neoclassico, in un’epoca che segna la fine del potere temporale dei Papi mentre la moderna gestione dei traffici si sposta dal Tevere alla strada ferrata.
E' il prologo della Roma novecentesca che vedrà la progressiva scomparsa di un vissuto cittadino complesso e brulicante di botteghe, di puntiformi officine artigiane e di molteplici attività che occupavano e si snodavano senza soluzione di continuità seguendo la traccia del Lungotevere attuale.
Una Roma raccontata così bene dalle immagini de "La grande bellezza", commovente inno lirico alla "civitas" perenne.
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