Al centro del mondo conosciuto
Il "Foro" di Roma non è stato un luogo fisico o simbolico o sacro. E' stato tutto questo e molto altro. Si tratta di considerarne la polisemia come tratto imprescindibile dal suo apparire, dal suo manifestarsi agli occhi della città e del mondo mediterraneo, un tempo "il solo mondo" possibile che anelava ad essere lì, a trovarvi voce, rappresentazione, evidenza. Ma dove si può rintracciare l'origine del "Forum Romanum"? In che epoca accadde? E perché nel suo sorgere sembrerebbe già scritto il suo destino? Provo a dare una risposta.
Premessa: il Forum nella sua originaria etimologia è ciò che rimane fuori, fuori dalla città (si può individuare l’origine del termine nell’avverbio latino foras) e dunque un luogo neutro nel quale può costituirsi la relazione e la comunicazione, anche in termini bellicosi, di confronto aspro o di battaglia armata, tra comunità diverse rappresentative di identità separate.
In questo senso, il forum come spazio pubblico è una delle prime espressioni della civiltà antica intesa come consapevolezza, come esigenza di stabilire un impianto normativo a ciò che dovrebbe essere espressione del disordine della lotta.
L’enciclopedia dell’arte antica della Treccani permette di aggiungere un tassello ulteriore con questa articolata definizione che, "ubi maior" riporto integralmente: «La tradizione fa risalire la fondazione del Foro Romano all'epoca dei re, quando gli abitanti primitivi dei sette colli si riunirono sotto un solo capo, con un'unica costituzione, e diedero origine alla città di Roma. Certamente, prima ancora di giungere alla definitiva unione di tutti i sette colli, il Foro fu destinato dai popoli con esso confinanti, e cioè i Latini del Palatino e i Sabini del Campidoglio, ai quali poco dopo si aggiunsero gli abitanti dell'Esquilino, a sede del mercato comune, delle pubbliche adunanze, delle cerimonie religiose. La valle che era al di fuori dei tre pagi si chiamò forum. Il Foro Romano non appartiene quindi alla primitiva fase della città, cioè alla città Palatina, la quale aveva il foro tra il monte e il fiume, nel sito chiamato poi Foro Boario, ma ad una fase più avanzata. Infatti per sistemare la valle paludosa fra i tre colli fu necessario eseguire opere di bonifica. Inoltre, sulle pendici orientali esisteva un sepolcreto antichissimo, che fu forse alle dipendenze del pagus suburanus, e che si mantenne in efficienza dal sec. IX a.C. fino al VII.».
Dunque, sembrerebbe plausibile che il Forum Romanum, inteso quale il luogo elettivo delle istituzioni politiche risalga al VII secolo a.C. ma che in tale ruolo esso sia entrato a far parte della cultura istituzionale della Roma di molto successiva alla sua fondazione e durante l’età tarda dei re, tradizionalmente terminata con la cacciata dell’ultimo dei Tarquini nel 509 a.C. e quindi alla fine del VI secolo.
D’altronde, la bonifica della cosiddetta valle del foro avvenne con il regno del primo dei Tarquini, Tarquinio Prisco, in anni intorno al 600 a.C. con la costruzione della Cloaca Massima che consentì tra l’altro il drenaggio delle acque di quell’area paludosa, consentendo la creazione di un sistema stradale di raccordo che, transitando dalla bonificata valle del Velabro, mise in comunicazione il Palatino con l’Aventino e le pendici dello stesso colle Palatino, in un circuito stradale che lo percorreva fino a inerpicarsi sul Campidoglio dando così vita al tracciato della pompa trionfale che tanta parte avrà nella storia della città.
D’altra parte, che il Forum fosse fuori dalla città lo indica anche la presenza delle due strade parallele che i romani definivano “Vie” (la via Sacra e la via Nova) e le vie in quanto tali sono fuori dalla città – dall’antica città palatina - nella quale le stesse sono invece definite “Vici”.
Senza dimenticare che essendo anche luogo di sepolture, queste sono tradizionalmente localizzate fuori dalla città: la città dei vivi non può contenere anche la città dei morti.
Dunque, è pacifico che il Foro nasca fuori dalla città, che abbia il carattere di un luogo neutro di scontro (non è un’area circolare ma un luogo definito da due linee parallele che in origine richiamano il due fronti armati) bellicoso e che nel tempo, con l’inclusione dell’area nella città, esso diventi paradossalmente, il “centro” della città, assumendo una funzione che dall’essere inizialmente pre-politica (intesa come funzione che precede la pòlis) si trasformi in luogo della politica per eccellenza, se non altro come riflesso disarmato ma dialettico dell’iniziale scontro armato.
Tuttavia, al di là dei riferimenti sull’origine e delle valutazioni topologiche stringenti che irrompono a definire la condizione d’impraticabilità o di limitata praticabilità della Valle del Foro fino ad una data successiva al VII secolo a.C., l’aspetto più significativo rimane iscritto nel ruolo più propriamente politico – come poc’anzi accennato - del Forum Romanum, aspetto sul quale naturalmente corrono le domande.
Il Foro a Roma diventa, come già proposto, luogo elettivo della politica e delle sue istituzioni, così come riconosciuto dalla narrazione storica, con l’avvento della fase repubblicana e quindi con le prime realizzazioni che lo definiscono, anche simbolicamente, come spazio alternativo al potere regio.
Quest’affermazione è parzialmente vera.
E' vera se si esclude che in età arcaica il Foro avesse a Roma un ruolo politico al di là della presenza, ai suoi estremi, di due manufatti architettonici e simbolici molto rilevanti: la Regia da una parte e il Lapis Niger dall'altra, nel luogo destinato ai comizi, il luogo delle riunioni, il luogo della politica e della giurisdizione per eccellenza che, non a caso è considerato il luogo mitico dello scontro arcaico tra romani e sabini.
E ancora: si può escludere che designando il foro d’età arcaica come luogo di adunanze pubbliche, di mercato, di cerimonie religiose, non si dica implicitamente che esso rivestisse un ruolo politico pregnante seppure in un’accezione che oggi ci appare forzata?
Non è affatto forzata perché da sempre la religione è parte del complesso sistema politico dell’antichità, quindi anche di Roma.
E non c’è alcuna forzatura nel rilevare che un luogo d’adunanza fosse, elettivamente, il luogo della contesa politica.
Poi, questa tradizione assunse un valore simbolico nella costruzione del sistema repubblicano, nel riservare il Foro a luogo di rappresentanza e di esercizio del potere laddove era nata, evidentemente, l’iniziativa delle classi aristocratiche arcaiche, i patres che presero in mano la città sovvertendone l’originario sistema monarchico.
Ma questo mutamento non permette di escludere il Foro dal ruolo di luogo della politica nella precedente fase monarchica.
Persino alla fase monarchica aurorale, poiché gli studiosi – tra questi anche Filippo Coarelli, che ha scritto pagine di straordinaria erudizione sulle origini di Roma e dei luoghi d'elezione emersi dalla sua storia – ritengono che l’inclusione della Valle del Foro nella città romulea fondata sul Palatino dal mitico Romolo, sia stata un’iniziativa di Tito Tazio, il re sabino che governò Roma assieme al fondatore per i primi cinque anni del nuovo regno.
Come se ne esce da questo rovello?
Occorre intendersi sui termini, sulle accezioni di questi e sulle eccezioni che hanno definito i mutamenti di funzione, insomma tutto quello che ho provato a declinare fin qui, pur nella necessaria sintesi.
Insomma, il Forum Romanum è il luogo della battaglia “fondativa” tra romani e sabini, nasce fuori dalla città ma proprio per questo ne diviene il centro, ma centro in quanto luogo di raccordo tra il Palatino e il Campidoglio che non ha interamente una funzione propriamente politica.
Nasce, prima della città, come luogo del mercato e dei commerci, come luogo del rito religioso e se si resta strettamente aderenti a queste funzioni, deve escludersi che possano rinvenirsene altre, anche dopo, quando diventa parte della città.
Ma il Foro include l’area dei Comizi che è fin dall’origine luogo della politica, il luogo nel quale si stringe, con il rito del sacrificio, il richiamato patto tra Romolo e Tito Tazio poco dopo la fondazione della “Roma quadrata”.
A questo punto, prima di giungere a un'indicazione cronologica fondativa del Foro, mi sembra necessario fare una digressione sul concetto di "Roma quadrata", anche per aver chiara la differenza che correva tra "pomerio" e muro di cinta quando si dava corso alla fondazione di una città e quali implicazioni unissero il tema del sacro a quello della politica.
Viene in soccorso ancora una volta il celebre archeologo Filippo Coarelli che così si espresse nel corso di una "lectio magistralis" dedicata all'argomento: «Il pomerio con il quattro angoli, la cosiddetta “Roma quadrata”, la Roma romulea del mitico fondatore, è un’invenzione di età augustea.».
L'affermazione, perentoria e sorprendente, rivela un rapporto quantomeno controverso con un concetto, quello di "pomerium", che si presta ad essere rivisto o manipolato (a questo si riferisce la frase di Coarelli) per le ragioni più varie, quasi sempre politiche, perché di concetto immateriale si tratta.
Il pomerio non è il muro, inteso quest’ultimo come realtà materiale, come entità fisica che lascia tracce evidenti, che ha una funzione prettamente difensiva, di confine, di nucleo che racchiude la città e la rende visibile nella sua presenza territoriale.
Il pomerio è invece un concetto religioso, o più propriamente sacro, perché il solco tracciato con l’aratro e intervallato da cippi posti lungo il tracciato è un confine che separa l’area territoriale “inaugurata” (definita tale per l’intervento dall’augur che è in grado di interpretare il volo degli uccelli) dal resto dell’urbs, della città, in uno spazio che ha dunque un valore religioso che caratterizza non solo quello spazio ma, in certa misura, l’intero territorio.
Insomma, per sorgere, la città necessita di questo rito che ritaglia un’area e la consacra a Giove mediante l’augurium – vorrei dire, la destina espressamente alla presenza del Dio, a luogo che è scelto dal Dio ma che è anche donato al Dio dai suoi cittadini come ex voto per aver decretato la nascita della città - dopo aver promosso le condizioni per la nascita del territorio destinato ad insediamento urbano, mediante le prime due fasi del rito: la "liberatio", liberazione da ogni presenza arcana, magica, e la "effatio" che rappresenta invece l'espressione proclamata dei limiti territoriali che la costituiscono.
Dunque, il pomerio, a differenza del muro, è una rappresentazione sacra che si presta, per la commistione che il mondo antico stabilisce tra sfera religiosa e sfera laica, ad essere declinata entro finalità politiche, in generale pubbliche, che mutano e si adattano alle circostanze storiche.
Ecco la relazione che mi premeva far risaltare: la relazione tra sacro e politico della quale il racconto sul Foro è necessariamente pregno.
Così, estendere o modificare l’area del pomerio è un’operazione che si compie in età regia con Servio Tullio (i re incarnano anche l’autorità religiosa che verrà invece distinta in epoca repubblicana con la figura del pontifex maximus), nell’età di transizione che fu quella di Silla e poi di Cesare ed a maggior ragione in età imperiale con Claudio, Vespasiano, Adriano e Aureliano.
Chiusa la digressione.
Ora riprendo il filo del discorso.
Quindi, a proposito dell'inquadramento cronologico, per quanto affermato fin qui, la fondazione del Foro risalirebbe a prima del VII secolo avanti Cristo.
E se è così, alcune proposizioni iniziali non sarebbero valide.
Ma solo quanto al riferimento temporale più tardo, perché il Forum contiene in sé il luogo principale delle istituzioni politiche che è, come chiarito, il Comizio che risale ad epoca precedente il VII secolo avanti Cristo.
Nello stesso tempo, la funzione del Forum non è solo politica, ma è anche quella di luogo elettivo della vita pubblica, in senso mercantile e religioso, della città.
Manterrà queste funzioni a lungo, fino alla svolta repubblicana durante la quale diverrà il luogo delle istituzioni politiche, accogliendo accogliendo funzionalmente, esteticamente e simbolicamente, le strutture edilizie monumentali che lo caratterizzeranno nel corso della storia della città, pur senza perdere le originarie funzioni accessorie, cioè quelle connesse alla religione ed all’economia, almeno finanziaria, con la trasformazione, per esempio, delle antiche botteghe del mercato in sedi dei cambiavalute o argentari in età medio-repubblicana: siamo tra il IV e il III secolo avanti Cristo.
Dunque, si potrebbe dire che il Forum permanga in un ruolo ibrido fin dalle sue origini, che non perda tale equilibrio multiforme delle sue funzioni tutte caratterizzate dall’essere inscritte sotto il concetto di sistema pubblico ed attribuendo a quest’ultimo, per estensione ragionata aderente al profilo antico, un valore politico chiaro, sempre emergente e manifesto.
Mi piacerebbe, a questo punto, ragionare sul tema della città-stato: non eccedo nella pazienza del lettore ma mi limito a precisare che Roma, per la natura federativa del suo costituirsi, possieda fin dall’origine le stimmate della città egemone, della città-stato ambiziosa, destinata ad espandersi per carattere congenito, ineluttabilmente.
Questa è l'interpretazione che suggerisco, in ordine alla lettura della natura insidiosa ma molto stimolante che ho attribuito alle domande in premessa.
Domande che trasudano l'ansia d'intercettare l'aura di leggenda che circonda un luogo come il "Foro", ben oltre la storia della quale è stato silenzioso ma imprescindibile testimone.
La risposta è tutta nel tentativo, spero riuscito per quanto espresso in estrema sintesi, di individuare nel Forum Romanum il "luogo pubblico" per eccellenza, luogo pubblico che contiene fin dal suo apparire tutti gli attributi religiosi ed economici ma anche politici, istituzionali, di governo e simbolici del potere che la storia si occuperà di assegnargli in misura sempre maggiore, nel corso del tempo e delle vicende straordinarie e singolari che faranno di Roma stessa una sorta di “Forum” del mondo antico.
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